Attualità

“Fateci riaprire o riapriamo da soli”

Martedì prossimo il terziario senese scende in piazza. Confcommercio chiede ai rappresentati del Governo una data certa per la ripresa delle attività

I commercianti non ne possono più. Questa situazione, contraddistinta da chiusure e restrizioni, li ha portati all'esasperazione. I soldi in cassa non ci sono e le spese continuano a correre. Protestano perché vogliono lavorare, non chiedono altro che riaprire le loro attività.

“Fateci riaprire o riapriamo da soli!”. È questo lo slogan che martedì prossimo (13 aprile 2021) a Firenze grideranno sotto le finestre della Prefettura le rappresentanze degli imprenditori del terziario in arrivo da Siena così come da tutta la Toscana.

A mobilitare il terziario alle ore 11 in via Cavour 1 è stata Confcommercio Toscana. “C’è una categoria disperata, che sente di non avere più futuro, che da più di un anno ha risposto a ciò che gli è stato chiesto, ma ha avuto indietro niente, solo il sentimento di essere usata come capro espiatorio - sottolinea il direttore di Confcommercio Siena Daniele Pracchia Le nostre aziende sono chiuse e i contagi continuano a salire invece che a scendere. Quindi il loro sacrificio è inutile. È evidente che la diffusione della pandemia ha altre origini che non le nostre attività. Mentre i nostri locali sono chiusi, gli assembramenti altrove continuano”.

In contemporanea con la manifestazione fiorentina, sempre il 13 aprile a Roma Fipe e Confcommercio nazionale hanno organizzato un grande evento, al quale parteciperanno i presidenti provinciali di categoria da tutta Italia e il presidente nazionale Sangalli. Le iniziative si incroceranno in diretta televisiva: alle 11,30 è previsto un collegamento con Firenze per farsi sentire.

“Sul tavolo ci sono temi di una urgenza incredibile: si gioca davvero con il futuro delle persone e delle aziende. Affitti, ristori, la cassa integrazione da prolungare, i vaccini da completare in tempi velocissimi, la web tax e un piano per il rilancio delle aziende, del turismo, dei centri storici - fa notare Pracchia - Non si può più aspettare. Ogni minuto che passa è una azienda che chiude. Tra calo vertiginoso dei consumi e costi che nessuno ha tagliato, senza entrate né prospettive, siamo morti che camminano. E con noi morirà la parte più viva e vitale del paese che garantisce servizi, accoglienza, sicurezza nelle grandi città come nei piccoli centri. 

Finora siamo stati ligi alle regole, abbiamo scritto lettere e documenti, discusso ai tavoli, cercato tutte le casse di risonanza possibili per far arrivare a chi di dovere le nostre istanze - continua Pracchia – Ora la misura è colma. Le nostre attività rivendicano il diritto sacrosanto di vivere del loro lavoro. E chiedono una data certa in cui poter ripartire, tutti senza esclusione alcuna. Altrimenti, faremo da soli. Fisseremo noi una data in cui riaprire negozi, ristoranti, bar, palestre, cinema e teatri che da troppo tempo sono chiusi o fortemente limitati nell’attività”.