Attualità mercoledì 02 dicembre 2020 ore 17:08
Commercianti furiosi vogliono la riapertura

Grido d’allarme di Fipe e Confcommercio: "Chiusi da 78 giorni, no a ipotesi di nuove chiusure per Natale"
SIENA — Settantotto giorni chiusi. E’ un tempo “infinito” per chi ha un negozio, un bar, un esercizio pubblico, ma è quello che è successo con le restrizioni imposte dalla pandemia. Una condizione che ora, i commercianti di Fipe e Confcommercio di Siena trasformano in un grido di allarme sul futuro delle famiglie e dell’economia locale, ma anche in protesta e rivendicazione sulla riapertura.
“Sono stati settantotto i giorni di chiusura
in cui le nostre imprese hanno tenuto giù le serrande, impedite a servire anche
un solo cliente, mentre questo stesso cliente poteva stare in fila in un
supermercato. Un fatto difficile da comprendere sotto il profilo scientifico,
economico, sociale e persino umano”.
L’associazione di categoria che rappresenta
i titolari di pubblici esercizi incalza: “Con senso di responsabilità, ci siamo
preparati a riaprire adottando i rigorosi adempimenti previsti dai Protocolli
Sanitari messi a punto da Cts e Inail; abbiamo anche investito sui dehors
esterni, consapevoli del fatto che all’aria aperta i clienti si sentivano più
sicuri e tranquilli”. Il dito finisce sulla “piaga” dei ristori, considerati “purtroppo
inadeguati e insufficienti a compensare danni così rilevanti”.
Per questo “è
urgente e vitale intervenire rafforzarli, se si vuole evitare la chiusura e
la perdita di centinaia di posti di lavoro”.
Fipe Confcommercio critica “lo
stillicidio di provvedimenti nazionali, regionali ed in alcuni casi locali:
chiusura alle 24, anzi no alle 23, ancora no alle 22 e poi alle 18 e infine
chiusura totale, ma solo nelle zone rosse e arancioni” e rilancia: “Come se non
bastasse, ora arrivano le indiscrezioni sulle chiusure nei giorni di Natale e
di Santo Stefano”.
Di qui il grido di
allarme degli operatori del settore: “Non possiamo assistere inermi a scelte incomprensibili
nei riguardi di un settore letteralmente al collasso. C’è un fortissimo
disagio, spesso anche disperazione perché si vede a rischio il futuro di aziende
e famiglie”.
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