Un'epoca sta per finire
di Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi - sabato 11 febbraio 2017 ore 08:20
Un giovane che si aggira per il Louvre impugnando un machete ed urlando Allah Akbar. Un presidente dal ciuffo laccato che in meno di 48 ore si attacca al telefono della stanza ovale della Casa Bianca e dispensa scortesi chiamate a capi di stato di mezzo mondo, mentre il suo entourage lancia avvertimenti tanto ai comunisti coreani quanto agli sciiti iraniani. Un terrorista e un presidente entrambi incredibilmente pervasi da un odio viscerale nei confronti dell'Occidente e della sua culla, l'Europa. Afflitta, a loro dire, dal male della decadenza. Entrambi sono colpevoli di diffondere, in modo diverso, un clima di paura globale. In particolare il successore di Obama è portatore di un approccio vittimistico: USA ed Europa sono sotto assedio.
Per il verbo trumpiano l'integrazione è una pura illusione, una malattia infettiva. La soluzione dell'inquilino della Casa Bianca, che tanto piace all'estrema destra del Vecchio Continente, è il nazionalismo isolazionista nella sua architettura più classica: il muro. Populismo e fondamentalismo non sono la stessa cosa, è evidente. E Trump non è un terrorista invasato, non è il seguace di un fondamentalismo che crede nelle virtù della guerra santa e nemmeno un martire dell'islam. Il neo presidente americano è un uomo di successo molto pratico che agisce attraverso la transazione sia essa finanziaria, politica o diplomatica. È un leader che vive di propaganda e arroganza, due caratteristiche tipicamente occidentali ma che trasportate su un piano politico possono innescare un processo di antidemocratizzazione della società, di abbandono del concetto del rispetto. Per questo la frattura che l'uomo nato nei sobborghi di New York sta definendo con l'Europa assume, ora dopo ora, la parvenza di una frattura epocale. Indistintamente i nemici, le orde di criminali da fermare assumono varie sembianze umane: messicani ladri e assassini, arabi terroristi, africani stupratori, comunisti cannibali.
Trump divide, disgrega ma non mette in contraddizione gli errori storici dell'Europa, al contrario li esalta e giustifica. Per secoli l'Occidente si è dedicato all'esportazione di un modello mondiale di "disordine" che richiamasse la necessità di un "ordine" coloniale o post coloniale. Al fine di assoggettare popoli per meri fini economici sono stati compiuti massacri disumani. Il capitalismo occidentale in tutte le sue deviazioni e perversioni ha catarticamente preso la forma di una religione deprivata dai valori comuni, dalle civili e umane responsabilità.
Quelle responsabilità più volte invocate da Papa Francesco ma che sono presenti tanto nel pensiero gramsciano quanto nel sogno di Altiero Spinelli. La classe politica europea, e non solo, ha fallito nel rispondere prontamente alle crisi economiche e sociali della società contemporanea. Sono mancate riforme progressiste in grado di solidificare la coesione ed espandere la cooperazione. Si è lasciato che il caos dilagasse ai nostri confini: Siria, Iraq, Libia, Sudan. Per non parlare dell'eterna questione irrisolta tra palestinesi ed israeliani, a giorni il falco della destra israeliana volerà a Washington ad incontrare il nuovo padrone del mondo, a quel punto Netanyahu adulando il suo idolo chiederà piena libertà d'azione. Appoggio incondizionato per procedere celermente nell'occupazione, legalizzata e legittimata dalla Knesset, dei Territori palestinesi. Un altro passo, l'ultimo, per impedire la nascita di uno stato della Palestina.
Un Trump accondiscendente o servile alla visione di Netanyahu significherebbe un nuovo incubo per i palestinesi. Mentre l'oscurità delle dietrologie prevale condizionando le relazioni internazionali, dagli errori madornali del passato, è salita una marea nera che sta portando a galla il rancore e la doppiezze del trumpismo. Ad arginare oggi questa onda melmosa è chiamata l'Europa, una e indivisa. Il trionfo di Trump copre le grida degli ultimi, degli oppressi e degli sfruttati. La trumpmania è figlia della degenerazione del capitalismo, è l'inizio di un lento suicidio dei rapporti all'interno della società moderna. Un'epoca sta per finire, ma l'Europa non deve morire, deve vivere e migliorare.
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Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi