Ramadan con nuovi attacchi terroristici
di Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi - martedì 05 aprile 2022 ore 07:30
Nell'era della pandemia e della guerra in Ucraina una nuova ondata di attacchi terroristici ha colpito Israele. Tre attentati in breve successione lasciano presagire che forse siamo ricaduti in una drammatica fase del conflitto.
Alta l'allerta, con l'esercito israeliano schierato al fianco della polizia. Sul quotidiano Haaretz l'esperto di questioni militari Amos Harel ha commentato: “La serie di attacchi terroristici che ha sconvolto l'agenda nazionale e restituito un senso di paura nelle strade delle città israeliane, ha messo in evidenza qualche zona d'ombra nell'apparato della difesa”.
Le ragioni per cui la sicurezza è stata presa in contropiede potrebbero essere due: l'aver sottovalutato il numericamente esiguo coinvolgimento di persone identificabili con l'Isis e la rapidità dell'effetto di emulazione (copycat) nell'influenzare la catena degli attentati. Tuttavia, parlare di falla nel sistema è alquanto prematuro e non corrisponde al vero, come spiega lo stesso Harel: “Non c'è stato nessun preavviso delle follie omicide dei tre cittadini arabi di Israele”.
La concomitanza con il mese del Ramadan, periodo che di solito coincide con un'innalzamento delle tensioni, complica notevolmente le cose. Il governo israeliano pare intenzionato, per non aggravare ulteriormente una situazione già delicata, a non imporre restrizioni, che solitamente vanno dalla chiusura (lockdown) dei Territori Palestinesi alla limitazione della libertà di culto per i fedeli musulmani. Misure che tuttavia potrebbero essere introdotte successivamente, in caso di escalation. Per David Horovitz, prestigiosa firma del The Times of Israel, “tutto lascia pensare che il terrore e lo spargimento di sangue peggioreranno”. Puntualizzando: “Incolpare genericamente gli arabi è ingiustificato e controproducente”.
Se i primi due attentati (Beersheba e Hadera) sono stati compiuti da arabi israeliani, legati all'Isis, quello a Bnei Brak, periferia di Tel Aviv, in cui hanno perso la vita cinque persone, è stato condotto da un terrorista palestinese di Jenin, affiliato alle frange estremiste di Fatah, le Brigate dei Martiri di Al-Aqsa. Il fatto che sia sfuggito alle maglie dei servizi segreti di Ramallah ed abbia gravitato nello storico movimento di liberazione della Palestina ha direttamente chiamato in causa il presidente Abu Mazen. Il quale ha preso pubblicamente le distanze dall'episodio, condannandolo: “l'uccisione di civili palestinesi ed israeliani porta solo ad un ulteriore deterioramento della situazione”.
La decisione di mettere in chiaro la propria posizione non era scontata, visto che in passato la ferma condanna non si era sempre fatta sentire così esplicita da parte dell'inquilino della Muqata. In queste ore sul successore di Arafat sono piovute numerose critiche interne, soprattutto tra le nuove leve di Fatah. In un partito frantumato da dissidi e faide, dove l'ottuagenario leader è in seria difficoltà di comando. Mentre, può contare sull'appoggio esterno di Giordania, USA ed Europa, almeno per ora senza concrete alternative su cui puntare.
Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi